Detto ciò, se il film funziona appieno è perché Taylor Hackford - solido artigiano della cinepresa ma certamente non un genio - ha potuto approfittare di tutto ciò: ma ha pure saputo governare. La struttura del romanzo, infatti, tutto impostata su una sorta di monologo-deposizione dal quale emergono progressivamente la diverse verità mentre si diradano i vari fumi psicanalitici, su continui cambiamenti temporali e delle atmosfere che obbligano i personaggi a ringiovanire ed invecchiare ad ogni svolta drammatica, era lungi dal garantire una fluidità cinematografica.

Merito di Hackford allora di aver tenuto sotto controllo questo mosaico aneddotico, che da thriller misterioso si trasforma ad un'analisi dei rapporti fra genitori e figli, pur dipartendosi da una vicenda a prima vista lineare: quella di Dolores (formidabile Kathy Bates), donnone di mezz'età sospettata di aver fatto fuori a suo tempo il suo peraltro poco raccomandabile marito, poi governante per vent'anni della ricca ed irascibile Vera, che a sua volta scompare in seguito ad un incidente che qualcuno definisce sospetto. Giunge allora Selena (Jennifer Jason Leigh): più che di quei misteri, finirà per scoprire delle ragioni delle proprie turbe, dei legami con il proprio passato, con quella donna turbolenta che tutto il villaggio ha marchiato d'infamia solo perché rivendicava da sempre il diritto alla propria natura. Viaggio non solo intriso di suspense, ma che il regista riesce ad illustrare con sapienza: vedi la sequenza durante l'eclisse, quando la moglie provoca l'incidente mortale del marito mentre l'oscurità scende d'improvviso, i colori saturano in un iperrealismo suggestivo e significativo. Oppure quando introduce all'interno del racconto altri motivi d'interesse: come il rapporto curioso, originale per l'evoluzione dell'interdipendenza fra servo e padrone che governa tutta la parte fra Dolores e Vera, la milionaria che evolve dall'intrasingenza alla comprensione, dalla dominazione alla sottomissione.